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domenica 25 marzo 2012

Prima Biennale dello Spazio Pubblico

Nell'ambito della Prima Biennale dello Spazio Pubblico, che si è svolta a Roma dal 12al 14 maggio, sono stati resi noti i risultati del concorso "La progettazione partecipata dello spazio pubblico": a Bologna vanno il primo e il terzo premio.
>> Il primo premio del concorso "La progettazione partecipata dello spazio pubblico"va a Tasca Studio Architetti Associati per il progetto "Piano particolareggiato di iniziativa pubblica e opere di urbanizzazione area “ex mercato ortofrutticolo” a Bologna. La giuria ha ritenuto di premiare questo progetto per la qualità del processo partecipativo, la qualità delle soluzioni progettuali e per la scelta dell’Amministrazione di rimettere al dibattito pubblico decisioni già date per acquisite relative alla sistemazione di una vasta area di trasformazione urbana.


Mercato Navile




L’area del Mercato Navile si estende per oltre 30 ettari a nord della città storica, a ridosso della stazione ferroviaria, in una zona, la Bolognina, dalla forte identità e collocata in una posizione strategica. Le trasformazioni previste per questo vasto comparto, abbandonato e degradato in seguito allo spostamento della sua attività al Centro Agroalimentare, sono state elaborate con il contributo dei cittadini e delle associazioni del quartiere nell’ambito di un laboratorio di progettazione partecipata conclusosi a giugno del 2007.
Il progetto di riqualificazione ha come primo obiettivo la crescita del quartiere in termini di qualità urbana e di servizi. L’area “rigenerata” prevede infatti, oltre alla realizzazione dialloggi, la creazione di attrezzature di uso pubblico e di vaste aree di verde che andranno ad integrarsi agli edifici residenziali in un sistema continuo di spazi aperti e fruibili, in continuità con il tessuto urbano della Bolognina storica. Completerà il progetto lo sviluppo di attività di tipo ricettivo, commerciale e direzionale.


Esplorazioni progettuali: clicca sul tasto "play" per vedere alcuni dei progetti previsti nell'area


Portata a termine la realizzazione della nuova sede del Comune di Bologna, che unifica in un complesso funzionale ed efficiente gli uffici di Palazzo d’Accursio e delle sedi decentrate, hanno preso avvio i lavori per i primi lotti destinati ad abitazioni, in parte di edilizia sociale e ad usi pubblici: sono previsti infatti un nuovo poliambulatorio Asl, una scuola, una palestra, centri sociali e ricreativi, uno studentato dell’Università.
A partire dal mese di febbraio 2012 partono i lavori di parziale interramento di via Gobetti. L’interramento avrà una lunghezza di circa 500 metri, di cui metà destinati a tunnel e le restanti porzioni alle due rampe di uscita-ingresso. La parte interrata si trova a circa meno 7metri rispetto all’attuale livello strada. Il cantiere, la cui durata è prevista in circa 15 mesi, prevede di chiudere la sola corsia a sud dell’attuale spartitraffico, deviando il traffico nella corsia nord e destinandola al doppio senso di marcia.
Un’attenzione particolare è riservata inoltre alla progettazione degli spazi pubblici e delle aree verdi, con la realizzazione di un grande parco centrale, affacciato su via Fioravanti, in cui verranno inserite e valorizzate le testimonianze del vecchio mercato (la torre d’ingresso e la pensilina per lo stoccaggio delle merci) e di una seconda “oasi verde” più a nord, in connessione con l’area verde della ex lunetta Mariotti e il Parco di Villa Angeletti.

REMOTA HOTEL GERMÁN DEL SOL

REMOTA HOTEL
| GERMÁN DEL SOL |
| Puerto Natales | Cile |
| Architettura |


015-2

Motivo ispiratore dell’albergo sono gli edifici per gli allevamenti ovini della Patagonia. Non le tradizionali “estancias”, le residenze accoglienti chiuse al mondo esterno, ma gli splendidi edifici, capannoni e ovili, dove si svolge il lavoro quotidiano, come seccare le pelli o altre attività da compiere al chiuso, al riparo da vento e freddo. Altri riferimenti sono i caratteristici recinti senza fine e i ricoveri per i cani da pastore.
La “plaza”, una corte centrale vuota, porta l’immensa natura selvaggia nel cuore dell’hotel. Due edifici per le camere degli ospiti si fronteggiano dai lati opposti della corte, mentre il corpo principale per le aree comuni, di maggiore altezza, è leggermente arretrato. Solo qualche masso all’interno della corte. Dà la sensazione di stare in mezzo ad una radura: evoca sia il paesaggio naturale circostante, sia l’abilità dell’uomo di adattare il suo stile di vita alla Patagonia. E’ uno spazio che invita a lasciare il caldo ambiente dell’hotel per avventurarsi nella natura, incuranti di freddo o vento, certi di ritrovare al rientro il calore e la sicurezza dei comfort quotidiani.
Nella cultura latino-americana l’uomo si relaziona alla natura senza mediazione di strade, borghi e città, come avviene invece dal Medioevo in Europa. L’America Latina vanta un’antica tradizione di architetture immerse nella natura, opere che portano segni di vita in luoghi dove pastori e mercanti transitano, si fermano per la notte, o dove di tanto in tanto si celebrano antichi riti.
Oggi la nostra cultura aiuta il viaggiatore, proveniente dalle metropoli, a relazionarsi con l’ambiente naturale, accompagnandolo in una esperienza nuova. E viaggiare è un’occasione per incuriosirsi, come bambini, del mondo che ci circonda.
L’architettura, per me, non è né la forma degli edifici, né i materiali usati. Per me, l’architettura è un dono speciale. Un dono di suggestioni che può riempire lo “spazio vuoto”, come si è soliti chiamarlo. Lo spazio sopra le nostre teste, che invita a sognare ad occhi aperti quando distratti ci guardiamo attorno.
Da lontano Remota appare come un sito caldo e accogliente nella vastità delle pianure della Patagonia. La sua raffinatezza si nasconde dietro un dimesso aspetto esterno. Le luci gialle si accendono di notte e fino all’alba: l’interno, illuminato, si rivela solo in parte attraverso la sequenza di vetrate verticali. Per noi, viaggiare o vagabondare significa consentire che l’inatteso compaia all’improvviso, e trovare l’ignoto bello così com’è.
Gli edifici sono racchiusi in una sequenza continua di vetrate verticali aperte nei muri esterni come dei tagli. Abbiamo utilizzato una struttura in calcestruzzo per pilastri, solai e pareti interne, per offrire alle camere riservatezza e protezione antincendio. La struttura è racchiusa da pannelli in compensato impermeabile con nucleo isolante in poliuretano espanso. Una membrana di asfalto sintetico riveste i pannelli, per fornire massimo isolamento e riparo dalla pioggia e dal vento. Erbe naturali della Patagonia crescono libere tutt’intorno.
I grandi massi erratici nella corte rafforzano il senso di vuoto e catturano la luce bassa del sole all’alba e al tramonto. Il paesaggio selvaggio delle pianure si estende anche nelle coperture in calcestruzzo provviste di membrana in asfalto sintetico e di un tappeto d’erba selvatica alta
60 cm. Tre passerelle in legno attraversano la corte, collegando i tre edifici. Due sono coperte; la terza, che porta alla piscina e alla sauna verso il mare, è scoperta. Le basse pareti di quest’ultima pongono un limite alla corte, mentre la linea retta dei tetti forma un orizzonte chiuso che permette di apprezzare la vastità circostante.
Architettura ed interni non si possono separare. La luce mutevole della Patagonia penetra attraverso la sequenza di tagli verticali vetrati, avvolge i grandi pilastri di calcestruzzo o di legno, scivola lungo i graticci lignei dei soffitti, appesi sotto i solai. La luce viene catturata dai colori brillanti dei tessuti stesi sui mobili in legno scuro. Artigiani locali hanno prodotto arredi geometrici, forti e spartani, recuperando rami e tronchi già spezzati dalle grandi foreste di alberi di “Lenga” che ancora crescono rigogliosi nei bassipiani vicino al mare. Nei mobili si può apprezzare il lavoro artigianale. E’ frutto della maestria di uomini e donne, non di un lavoro di progetto o di tipo industriale. Anche nelle camere da letto è stato utilizzato il legno: tavole e panche, testate dei letti e traverse, che corrono da pavimento a soffitto, separando dal bagno in modo più accogliente.
Abbiamo usato metodi e processi costruttivi particolari. Innanzitutto, i pilastri e le coperture per riparare gli operai dal cattivo tempo. Poi, la struttura è stata racchiusa da pannelli in compensato industriale, facili da montare. Una volta fissati i pannelli alle solette, sono state applicate le membrane in asfalto prodotte in rotoli e successivamente si sono inserite le vetrate. Una sequenza ininterrotta di lavori, eseguiti contemporaneamente da squadre di operai diverse.
A Remota ci sono molte strutture a risparmio energetico. Si risparmia tutto ciò che non appare necessario ad un viaggiatore raffinato, non solo per l’ecologia, ma anche per mantenere libera la mente. Un poeta cileno dice che l’importante non è la luce che si accende la sera, ma la luce che si spegne, per averne memoria… Remota impiega lampadine a basso consumo, e ricorre a toni gialli per migliorare la qualità cromatica; sanitari a basso consumo d’acqua in bagni e lavanderia; buon isolamento per l’edificio e orientamento appropriato per ottenere energia passiva; dispositivi a risparmio energetico per il riscaldamento; una pellicola anti-UV protegge le vetrate.
Vogliamo mostrare pienamente, all’interno dell’albergo, l’unicità della cultura e della natura del sito, offrire agli ospiti un’esperienza indimenticabile. Siamo riusciti a superare queste sfide con la cura e l’amore per il nostro lavoro e per le persone che materialmente lo hanno eseguito. Con un po’ di perizia e un mare di pazienza. E passione. Bisogna essere aperti a vedere il lato bello dell’inatteso, di solito migliore di quanto ci aspettiamo.

Germán del Sol

QUARTO ANELLO San Siro





QUARTO ANELLO San Siro



Due associazioni, -Multiplicity e ChiamaMilano- hanno sviluppato una ricerca sull'area di San Siro, evidenziando sia gli squilibri che le enormi potenzialità di questo quartiere posto nel quadrante nord-occidentale della metropoli.

San Siro ospita oggi una importante serie di recinti destinati al tempo libero e al verde ­tra le altre lo stadio di calcio, le aree dell'ippodromo e del trotto, zone a Parco, il rilievo del Montestella, aree boschive, il Palalido- che nel loro insieme costituirebbero una delle più importanti aree per il tempo libero in Europa.
Più di 265 ettari di verde e spazi attrezzati, che però oggi sono frammentati e funzionanti a singhiozzo, senza alcuna forma di coordinamento.
Per ovviare a questo spreco di risorse, le società calcistiche stanno costituendo un'Agenzia di Sviluppo locale che, con l'apporto dell'amministrazione comunale svilupperà progetti di riqualificazione dell'area.
Il Quarto Anello che Boeri Studio propone di realizzare attorno allo stadio Meazza è un recinto concentrico di servizi e spazi ricettivi destinati sia al quartiere che ai tifosi: ristoranti, spazi gioco, aree commerciali, spazi espositivi.
La struttura del quarto anello è una griglia metallica romboidale rivestita da pannelli di vetro e da un sistema di persiane modulari a scorrimento.
Lo spazio interno varia di sezione lungo lo sviluppo dell'anello e può ospitare diverse tipologie di attività:
l'enorme piazzale dello stadio ­usato oggi solo per il parcheggio in corrispondenza delle partite- viene ridisegnato per ospitare spazi verdi e attrezzature per lo sport e attività in costante funzione .
Il Quarto Anello costitusice un primo passo per rendere vitale 24 ore su 24 il centro dell'arcipelago di San Siro.

Progetto di Boeri Studio
Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra, con John Palmesino e Isabella Inti

La Casa Possanco: aria, luce e terra


La Casa Possanco: aria, luce e terra

Immaginate di dover progettare una casa, portando la luce naturale là dove sembra impossibile, e ispirandovi all'irregolarità dell'architettura pre-tecnologia. I fratelli Mateus ci sono riusciti.
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

José Mateus e Nuno Mateus sono gli architetti fondatori dello studio ARX. Nel loro progetto della Casa Passanco hanno esplorato i limiti espressivi di un'archittura bianca e astratta, e protetto il lato esposto ai rumori della strada.
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus
Casa Passanco si ispira ai paradigmi architettonici tradizionali di Alentejo, una grande regione a sud del Portogallo, caratterizzati da abitazioni bianche, da contrasti di luce-ombra e dalle forme massicce.
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus
Ogni elemento della villa è infatti bianco, anche le aperture dalle sfumature azzurro cielo, che dal tetto scavano spazi capaci di illuminare i piani sottostanti, aumentando l'aspetto di delicatezza.
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus
Per riuscire a portare luce naturale nel lato sud dela casa, i fratelli Mateus hanno introdotto 4 patio ritagliati sul tetto: uno centrale, uno che che dà nel soggiorno, un altro nel bagno comune e l'ultimo nella camera dei bambini.
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus
L'effetto visivo risultante, per i passanti che guardano la villa dalla strada, è un blocco eburneo dalla prospettiva deformata, nella sua proiezione assonometrica.
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus
LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

LTVs, Casa Possanco, ARX, Mateus

Architects: ARX - José Mateus, Nuno Mateus, with Stefano Riva
Location: Possanco, Portugal
Project team: Stefano Riva, Paulo Rocha
Structural engineering: SAFRE, Projectos e Estudos de Engenharia Lda.
Project area: 250 sqm
Project year: 2006 – 2009
Photographs: FG+SG – Fernando Guerra, Sergio Guerra 

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Una piccola casa di ARX Portugal


 Testo alternativo ImmagineUna piccola casa di ARX Portugal


Una piccola casa di ARX Portugal
La possibilità di realizzare la massima dilatazione dello spazio ha guidato gli architetti nel progetto di questa piccola casa in una zona semi-rurale del Portogallo.

Nello sviluppo del progetto di questa piccola casa nei pressi di Aldeia de Juso, in Portogallo, la ristretta area pianeggiante su cui insiste la costruzione e l'alta densità delle nuove case che sorgeranno nei dintorni, hanno portato gli architetti dello studio ARX a una sorta di ossessione circa la possibilità di dilatazione dello spazio.
Ad aggiungersi all'esigenza di espansione dello spazio esterno alla casa, i progettisti hanno fatto i conti con l'esigenza, largamente diffusa nell'area semi-rurale in cui si trova l'edificio, di coniugare l'esperienza dell'abitare con la ricerca di spazi all'aperto e giardini che diventa un aspetto centrale del progetto.
Lo studio ha proposto, per risolvere e chiarire la questione, l'allargamento massimo dei locali abitabili nella loro portata globale, sia verticalmente che orizzontalmente, sia negli interni che negli esterni. L'edificio è stato così strutturato su tre piani, collegati spazialmente, dove ogni livello ha caratteristiche specifiche e diverse.
Il livello seminterrato vede le aree disposte (come da regolamento edilizio) sotto il livello del suolo. Tuttavia, questa idea di limite imposto viene aggirata con espedienti di avanzamenti e distensioni gestibili nelle tre possibili direzioni (nord, est e ovest), sotto la forma di patii e piscina. Questo livello ospita anche gli spazi di lavoro e le aree di servizio.
Al piano terra, il limite spaziale imposto appare ampliato e definito dalle pareti di lotto stesso. Lo spazio interno è liberamente configurato.
Coerentemente con la strategia di massimizzare la presenza dello spazio-giardino esterno, il garage è stato lasciato in un'area nascosta a sud della cucina. Su questo piano si trovano tutti gli spazi comuni della casa.
Al piano superiore trova quello che è l'espressione più significativa di questo progetto. Fino ai limiti massimi consentiti dalla normativa, gli architetti hanno configurato una sorta di recinto di linee opache che comprendono le camere da letto e i loro rispettivi patii, ampliando così lo spazio fruibile e proteggendo al tempo stesso l'intimità necessaria. Sul livello del tetto, una terrazza accessibile da una scala interna libera finalmente gli occhi con una visione a 360° delle case circostanti, il mare e le montagne della cittadina di Sintra.
Testo alternativo ImmagineHouse in Aldeia de Juso, Portugal, by ARX Portugal + Stefano Riva: Nuno Mateus e José Mateus




mercoledì 15 febbraio 2012

Il parco più bello d'Italia 2011


Il parco più bello d'Italia 2011Villa Lante a Bagnaia - Viterbo (VT)

Villa Lante è una delle maggiori realizzazioni del Cinquecento italiano. Da ricordare in modo particolare la Fontana dei Mori del Giambologna, le due palazzine (Gambara e Montalto) e uno spettacolare sistema di fontane e giochi d’acqua oltre a un bel parco boschivo. Tutta la Villa (tra giardino all'italiana e parco) occupa una superficie di 22 ettari.



La straordinaria particolarità di Villa Lante è insita nella predominanza del giardino rispetto all'opera architettonica, infatti la residenza si sdoppia in due piccoli edifici gemelli (anche se costruiti in tempi diversi) simmetrici rispetto all'asse centrale del giardino che domina l'intera composizione attraverso il percorso d'acqua.

Le geometrie d'acqua a Villa Lante : L'acqua nasce da un trionfo di geometrie disegnate da siepi sempreverdi e statue di peperino e segue un percorso che crea bacini e giochi d’acqua particolari.
Da segnalare anche una tavola di peperino con un fresco ruscello che l’attraversa nel mezzo per tenere freschi frutta e verdura durante i pasti degli antichi proprietari.
Il Giardino di Villa Lante è così un luogo incantato creato e voluto da un potente cardinale in nome della supremazia dell’uomo sulla natura. Chiusa in un rigoroso dedalo geometrico opera dell’architetto Jacopo Barozzi da Vignola,Villa lante fu costruita nella seconda metà del Cinquecento per volere del cardinale Gambara, a ridosso di un bosco già riserva di caccia.
La Villa è attraversata longitudinalmente da un ruscello che sgorga in alto dalla roccia e segue il pendio del terreno, sfruttandone i dislivelli e raccordandoli con terrazze e fontane fino a placarsi nel quadrato della fontana dei Mori.



La Fontana dei Mori a Villa Lante: E’ uno specchio d’acqua che eleganti balaustre suddividono in quattro bacini su cui galleggia una barca con un putto zampillante e al centro un triplice cerchio di vasche culminanti nel gruppo dei quattro mori che reggono lo stemma di Papa Sisto V.

I Giardini di Villa Lante: Fin dall’ingresso si abbraccia la vista dell’intero giardino.
Le due palazzine simmetriche, a pianta quadrata sembrano non voler interrompere il flusso d’acqua, elemento naturale e vero protagonista della Villa, che scende con impeto anche se incanalato tra le fauci di un gambero in peperino simbolo del cardinale Gambara o raccolto nella Fontana dei Giganti raffigurazione dell’Arno e del Tevere.
Villa lante si trova a Bagnaia a soli 4 Km da Viterbo ed è uno degli esempi più significativi di giardino all'italiana,con due belle palazzine e le sue meravigliose fontane artistiche.



La Fontana della catena a Villa Lante: Una grossa quantità d’acqua defluisce e scende tumultuosa attraverso la Fontana della Catena, saltellando nell'inviluppo avvolto e concatenato delle chele di un gambero (emblema del Cardinale Gambara) come a costituire una catena d'acqua cristallina e sfociando nella Fontana dei Giganti, rappresentante i fiumi Tevere e Arno (ossia i buoni rapporti tra il papato di Roma e la famiglia Medici di Firenze) è l'età della ragione (o di Giove), in cui l'uomo è chiamato a lottare con le sue forze per dominare la natura per poi calmarsi nella Fontana della Tavola (o Tavola del Cardinale) come a costituire, per un raffinato gioco di forme e trasparenze, una tavola con tovaglia cristallina. L’acqua riprende poi la sua corsa e va a zampillare nella Fontana dei Lumini, come a formare tante fiammelle di candele argentate.

Le Costruzioni all'interno di Villa Lante: Nel progetto era prevista la costruzione delle due ville, ma solo una fu fatta costruire, nel 1566, dal card. Gambara. All'internoconserva meravigliosi soffitti a cassettoni, stucchi ed affreschi pregiati, alcuni raffiguranti Villa D'Este, il Palazzo Farnese di Caprarola, il Palazzo di Capodimonte e Villa Lante come era all'origine. L'altra villa, chiamata Palazzina Montalto, per il nome del cardinale che la fece costruire, venne terminata nel 1590 con affreschi di vari autori ed un importante soffitto a cassettoni decorato.
Il cardinale Giovan Francesco Gambara, discendente da una nobile famiglia bresciana, grazie alla protezione dei Farnese (la madre era la vedova di Ranuccio Farnese), ottenne il titolo di Vescovo di Bagnaia nel 1566 ma prese possesso solo nel 1568 e immediatamente progettò la realizzazione della sua Villa Lante a Bagnaia richiedendo ai Farnese il servizio del loro architetto Vignola. Già nel 1573 il cardinale poteva risiedervi ma i lavori proseguirono fino al 1578 (come ricorda la data apposta su di un fregio del casino detto Palazzina Gambara), data della visita di Gregorio XIII.



L’architettura dei casini costruiti simmetricamente sul clivio alla fine di un terrazzamento all’interno di Villa Lante risulta assai più elegante e semplice rispetto alle coeve villa d’Este e palazzo Farnese di Caprarola e risente del modello bramantesco del Belvedere da cui Vignola trasse evidentemente diretta ispirazione riprendendo dalla precedente esperienza di Caprarola alcuni elementi del Casino del Barco ma lasciando assai più spazio al giardino che a Bagnaia svolge il ruolo di protagonista.

La decorazione interna venne terminata in tempo per la visita di Gregorio XIII nel 1578, il programma e la direzione dei lavori è attribuita a Raffaellino da Reggio, già presente nel palazzo Farnese di Caprarola. Questa dipendenza del cardinal Gambara dalla ben più potente famiglia Farnese è sottolineata da tutta la realizzazione della sua residenza di Bagnaia e ritorna espressa sulle pareti della loggia del primo piano ove sono rappresentati paesaggi di Caprarola con il palazzo Farnese e la villa del Barco insieme ad una veduta di villa d’Este e di Villa Lante a Bagnaia.

Tematicamente legate a questa celebrazione delle famiglie Farnese, Este e Gambara sono anche le pitture della volta che rappresentano la nascita di quattro costellazionisecondo la Poetica astronomica di Igino e in relazione alle tre sopracitate famiglie: sopra la veduta di Villa d’Este Ercole e il dragone nel giardino delle Esperidi raffigura la nascita della costellazione del serpente; sopra palazzo Farnese a Caprarola Orione e lo scorpione sono entrambi legati a una costellazione; sopra il Barco Giove sconfigge i giganti accompagnato dall’aquila (una impresa dei Farnese era costituita dal fulmine con cui Giove uccise i Giganti); infine sopra Villa Lante Ercole uccide l’Idra e con essa un granchio giunto in aiuto del mostro (in riferimento alla costellazione del cancro ma anche al gambero, simbolo del cardinale).

Nell’insieme dunque la decorazione interna della loggia di Bagnaia sembra essere interamente improntata ai precedenti modelli del salotto di Villa d’Este e della sala di Ercole a Caprarola, ma l’esterno differisce per un maggior ordine spaziale che fa perno su un asse centrale sottolineato da una cordonata da cui scende l’acqua, da un tavolo marmoreo e infine dalla fontana con grande vasca posta al centro del primo terrazzamento ed ideata secondo modelli antichi come una sorta di laghetto con isola centrale.

La Fontana dei Delfini a Villa Lante: L’acqua zampilla e prende varie forme nella Fontana dei Delfini, un meraviglioso insieme di vasche degradanti connesse da elementi scultorei, mascheroni, vasi e rilievi che rappresentano il regno di Nettuno e quindi la rappresentazione del dominio delle acque sulla Terra durante il Diluvio.



La Fontana del Diluvio a Villa Lante: La fontana del diluvio (o Monte della Pioggia) fa scendere le sue acque gorgogliando e scrosciando tra rocce, caverne e vegetazione, da una sommità che rimanda ad una arcaica armonia tra uomo e natura che dentro Villa Lante a Bagnaia trova una simbiosi perfetta.

Il Parco dei Camaldoli


Il Parco dei Camaldoli

La vetta di Napoli
di Fabio Salatiello
Il Parco dei Camaldoli è un fitto bosco di castagni, con un’estensione di 137 ettari, dove è possibile fare esperienza di una dimensione che nelle grandi città metropolitane è impossibile vivere. L’intervento dell’uomo è infatti ridotto al minimo e il tessuto edificato già contenuto nell’intorno si dirada ancora fino ad annullarsi all’interno del bosco. La percezione che si ha è quella di un luogo di montagna, dove poter praticare in tutta tranquillità attività tipiche di altre realtà terriotriali come il trekking e il birdwatching.
L’accesso principale al Parco avviene da viale RAI, che lo divide in due zone separate ciascuna dotata di un ingresso proprio. La parte a sud, verso il panorama flegreo, è organizzata nel primo tratto pianeggiante secondo i principi progettuali dei parchi urbani moderni, con una forte presenza architettonica per creare direttrici rettilinee, parterre e una cavea triangolare con funzione di belvedere. Man mano che ci si spinge oltre, l’architettura cede il posto ad un unico sentiero discendente naturalistico, in blocchi di tufo, che segue il declivio orografico. Sui tratti di percorso che lambiscono il pendio si aprono viste sorprendenti sia sul sottostante quartiere di Soccavo, sia più in lontananza sul golfo. L’altra parte del parco, a nord, è solo naturalistica, con una serie di tortuosi sentieri in blocchi di tufo, che anche qui seguono il declivio.
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La collina dei Camaldoli, sulla cui sommità si estende il parco, trae nome dal vicino complesso monastico camaldolese, l’Eremo, costruito a partire dagli ultimi anni del XVI secolo. Con i suoi 458 metri sul livello del mare è il rilievo più alto della città di Napoli. Purtroppo proprio per la sua altezza è stata destinata a ricevere l’antenna dei ripetitori televisivi che oggi si trova proprio al centro del parco, solo parzialmente celata dalla vegetazione.
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Geologicamente fa parte dell’area vulcanica flegrea, configurando la conca in cui sorge Soccavo, mentre dal punto di vista geografico si può considerare parte dell’area collinare di Chiaiano. Sotto il profilo amministrativo ricade quasi completamente nella Municipalità di Chiaiano, in piccola parte in quelle di Soccavo e Vomero-Arenella. Tuttavia l’area, ben lontana dal carattere di forte urbanizzazione di questi quartieri, è una realtà a sé. I due versanti del rilievo sono poi molto differenti tra loro: quello meridionale prospiciente la zona flegrea è fatto di rupi tufacee scoscese e vegetazione rada; quello nord, dove si trova il parco, in lieve declivio è coperto da un folto bosco ceduo composto prevalentemente da Castagni. Sporadicamente sono presenti la Robinia, il Leccio e la Roverella, e altre specie arboree tipiche dei rilevi boschivi appenninici quali il Nocciolo, l’Acero e il Frassino.
Il Parco Urbano dei Camaldoli è stato istituito nel 1980. Nel luglio del 1996 è stato inaugurato e aperto al pubblico per circa un terzo della sua estensione. E’ il più grande parco urbano d’Italia, benché sia più vicino ad una riserva naturale che a un tipico parco urbano. Dal 2004 fa parte, assieme ad altre aree naturali collinari inedificate della città, del Parco Regionale Metropolitano delle Colline di Napoli.
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Molte aree non sono ancora state sistemate ed attrezzate definitivamente per l’apertura al pubblico. La manutenzione e la pulizia sono soddisfacenti considerata la smisurata estensione del parco. La zona circostante è ricca di ristoranti, alcuni dei quali possono godere di aria e veduta che non hanno nulla da invidiare a quelli situati in altre zone più blasonate della città. L’accesso principale al parco si trova su Viale RAI, che si imbocca dal piazzale che si trova alla fine di via dell’Eremo. Un altro ingresso è ubicato in Via S.Ignazio di Loyola.
Come arrivare

Il parco del Pineto

Il parco del Pineto si estende nel settore nord-occidentale della città tra la via Trionfale, via della Pineta Sacchetti ed il quartiere Valle Aurelia.



Oasi tra le più belle del territorio romano, il Parco del Pineto è costituito da una vallata denominata Valle dell’Inferno, un tempo estesa fino alle Mura Vaticane e caratterizzata da fornaci e calcare della Fabbrica di San Pietro. L’area era inoltre ricoperta da vigne e casali.
Nei suggestivi paesaggi del Parco si possono ritrovare le tracce di circa due milioni di anni di avvenimenti geologici, dal mare tropicale profondo alle eruzioni del vulcano Sabatino, attraverso le sabbie e le ghiaie, fino ad oggi.
Alla fine del XVI secolo, fu edificata da Pietro da Cortona una grande villa per la famiglia Sacchetti, andata completamente perduta. Il patrimonio vegetale del Parco è costituito da macchia mediterranea con uno strato arboreo dominato dalla sughera; nel sottobosco sono presenti essenze quali erica arborea, cisto, lentisco, mirto e corbezzolo con splendide fioriture primaverili. Ricca anche la fauna con il moscardino, il topo selvatico e la biscia dal collare. Nel 1987 viene istituito il Parco Regionale Urbano e il Piano di assetto messo a punto dal Comune di Roma nel 1989, prevede un’area di riserva integrale di 26 ettari.








Nel settecentesco Casale del Giannotto, via della Pineta Sacchetti 78, è attiva la CASA DEL PARCO, una delle Biblioteche del Comune di Roma, dedicata alle tematiche naturalistico-ambientali e alla storia del parco.


da: romanatura

Progetto Piste Ciclabili per una mobilità sostenibile.


Progetto Piste Ciclabili per una mobilità sostenibile.
Realizzati diversi interventi per la sicurezza dei pedoni e della circolazione stradale. Istallati semafori che controllano la velocità ed a chiamata per l’attraversamento pedonale. Realizzate diverse rotonde per facilitare la circolazione stradale.
E’ stato presentato il progetto “Tolentino in bicicletta” che prevede un nuovo percorso ciclo-pedonale di circa 2 km e 400 m finanziato per 2/3 dal Ministero dell’Ambiente con fondi destinati a ridurre l’inquinamento dell’aria e 1/3 con fondi del Bilancio 2010 del Comune di Tolentino.
Il percorso riguarderà il collegamento centro storico – zona est (nei due sensi), avrà nella Stazione Ferroviaria (come previsto dal bando della Regione Marche) uno snodo di collegamento con altri Comuni attraverso la ferrovia e permetterà di raggiungere le strutture scolastiche, il Parco Isola d’Istria, il Parco Pace, l’ospedale, fino a ricongiungere il breve tratto di pista ciclabile già esistente in viale della Repubblica e quello del viadotto Berlinguer da cui, in futuro, si arriverà alla pista ciclabile nella nuova zona Pace. Si tratta di una sorta di grande anello e non di tratti isolati di pista, un ampio cerchio che favorirà anche il percorso dalla zona est verso il centro della città con la pista ciclabile che arriverà fino al piazzale Europa dove si potrà proseguire nel centro con percorsi consigliati.
Il piano, sinteticamente, vuole essere “leggero” nel senso che sono previsti lavori infrastrutturali minimali, ad impatto compatibile rispetto ai diversi portatori di interesse e con un vantaggioso rapporto costi / lunghezza della pista.
Sarà, in particolare, compatibile con il mantenimento dei parcheggi e con l’accesso alle strutture pubbliche, alle attività commerciali e al raggiungimento delle abitazioni private.
E’ bene precisare che, nello specifico, non ci sarà un conflitto rilevante rispetto ai parcheggi in quanto è prevista la riduzione di un numero limitato e si cercherà di garantire, comunque, la “fermata” davanti ai servizi pubblici e alle attività commerciali. Ricordiamo, inoltre, che ci saranno, grazie ad un progetto finanziato dalla Regione Marche, 84 nuovi posti per le auto presso la Stazione. Quindi nessuna contrapposizione tra parcheggi e pista ciclabile. Inoltre il nuovo senso unico nella direzione centro storico permetterà il mantenimento dei parcheggi in viale Matteotti, favorirà la circolazione di auto e mezzi pubblici, oggi difficoltosa a causa del doppio senso. Solo un breve giro permetterà di tornare facilmente su viale Matteotti. Infine, l’utilizzo del percorso ciclo-pedonale favorirà la mobilità dei cittadini anche a favore delle attività commerciali. Affermare una nuova cultura della mobilità urbana eco-sostenibile – ricorda l’Assessore all’Ambiente Alessandro Bruni – comporterà nel tempo notevoli vantaggi: ridurre l’inquinamento dell’aria e migliorare così la salute dei cittadini; ridurre l’utilizzo di combustibili di origine fossile con evidenti risparmi economici; maggiore vivibilità della città: non ridurre la mobilità ma favorirla attraverso altre forme (appunto quella pedonale e ciclabile) e in questo modo favorire l’accesso a tutti gli spazi sociali, culturali e commerciali. Si tratta di pensare al futuro, pensare alle nuove generazioni attraverso scelte adeguate che possiamo fare oggi.
da: Sindaco Luciano Ruffini

sabato 4 febbraio 2012

Carloforte Green è un progetto che prevede "San Pietro Isola ecologica Del Mediterraneo"

Carloforte Green è un progetto che prevede "San Pietro Isola ecologica Del Mediterraneo"


L'ambizioso obiettivo è trasformare San Pietro nel primo esempio di isola a impatto zero, entro il 2014.
Impatto zero vuol dire zero emissioni di co2, un'isola pulita e sana, un isola libera da inquinanti pericolosi, un'isola che non inquina, un isola esempio di sostenibilità.
Tutto questo è possibile!
La chiave è racchiusa nelle "Smart Grid".
Le Smart Grid sono Tecnologie intelligenti di distribuzione dell'energia che riescono a monitorare i flussi energetici distribuendoli in maniera più efficiente e senza sprechi. A questa tecnologia di forte impatto sui consumi energetici e connesa una rete di sensori distribuita per tutta l'isola in grado di controllare l'intero territorio.
Il parco fotovoltaico, la riduzione dei consumi e la mobilità sostenibile completano il quadro dell'abbattimento del co2.
Questi cambiamenti assieme alla volontà e l'impegno dei "Carlofortini" trasformeranno l'isola in un esempio di ecologismo per tutta l'Europa e il Mediterraneo.
Progetto di mobilità ciclista elettrica sostenibile per la realizzazione del progetto “San Pietro Isola Ecologica del Mediterraneo”

 

Il progetto Carloforte Green bike si inserisce all’interno del progetto “San Pietro Isola Ecologica del Mediterraneo”, finalizzato a trasformare, entro il 2014, l’Isola di San Pietro nella prima isola a emissioni zero del Mediterraneo e modello di sviluppo durevole e sostenibile esportabile su tutto il territorio nazionale.
Il piano sviluppato per l’isola lancia una nuova strategia di mobilità sostenibile che coinvolgerà gli abitanti di Carloforte, attraverso la dotazione, da parte del Comune, di una flotta di biciclette elettriche. L’arrivo delle biciclette elettriche consentirà agli abitanti di sperimentare forme innovative di mobilità, all’interno di progetti pilota per promuovere la sostituzione dei veicoli inquinanti e avvicinarsi a forme di mobilità e stili di vita ecocompatibili.
Il progetto di mobilità ciclistica elettrica Carloforte Green Bike prevederà il coinvolgimento degli attori locali per consentire un maggiore radicamento sul territorio e una più ampia diffusione possibile dell’uso delle biciclette, in grado di portare al conseguimento di risultati importanti nella riduzione delle emissioni inquinanti e nell’adozione di risorse energetiche rinnovabili ed ecocompatibili.
Le biciclette elettriche acquistate dal Comune e il progetto di mobilità ciclistica elettrica Carloforte Green bike sono stati presentati agli abitanti l'otto Ottobre 2011.

di Valentina Gallo



È da una piccola isola, anzi da “un’isola nell’isola” che parte una grande sfida, quella di diventare entro il 2014 il primo comune italiano a zero emissioni di CO2. Il luogo della sperimentazione è, infatti, Carloforte, comune di 6.400 abitanti e unico centro abitato dell'isola di San Pietro, situata nell'arcipelago del Sulcis a sud ovest della Sardegna. “Energia in rete” è, invece, il nome dell’innovativa tecnologia per il controllo e il risparmio energetico su cui si basa il progetto. Ideata e realizzata dai ricercatori del CIRPS (Centro interuniversitario di ricerca per lo sviluppo sostenibile dell’Università La Sapienza di Roma), in particolare dall'unità di ricerca AEREL - Applicazioni Energetiche Rinnovabili per gli Enti Locali, la tecnologia è stata presentata il 7 ottobre scorso nell’ambito del Carloforte Green Workshop.
In pratica, il Comune di Carloforte, già da tempo impegnato a diventare un’amministrazione green, ha adottato un piano energetico che può contare su un finanziamento di 5 milioni di euro in virtù di un protocollo d’intesa siglato con il ministero dell’Ambiente. In questo piano si mescolano interventi di tipo più “tradizionale” (azioni per la mobilità sostenibile, come l’adozione di veicoli elettrici per il trasporto pubblico e la messa a disposizione di biciclette elettriche per i cittadini; l’installazione di tetti fotovoltaici e solari termici nelle scuole medie e materne; interventi sul ciclo dei rifiuti; o ancora, il ripristino delle fontanelle pubbliche per la produzione di acqua potabile di alta qualità, che consentiranno di ridurre il consumo di bottiglie) e strumenti del tutto nuovi. La punta di diamante, in questo senso, è proprio “Energia in rete”, la tecnologia messa a punto dai ricercatori di AEREL.
Daniele Pulcini, docente di Sistemi Energetici al CIRPS e responsabile di AEREL, ci spiega di cosa si tratta, a cominciare dalle novità che questa iniziativa introduce: “Il CIRPS e in modo particolare la mia unità di ricerca, in Sardegna hanno già gestito il piano energetico della provincia di Nuoro e altri 12 piani energetici di altrettanti Comuni. Ma il piano energetico di Carloforte si differenzia rispetto agli altri per l’uso intensivo e pervasivo delle tecnologie dell’Ict. Abbiamo progettato un sistema che, integrandosi con l’infrastruttura esistente, quindi con gli impianti di illuminazione pubblica sia all’esterno che all’interno degli edifici, con gli impianti di produzione energetica che sono stati realizzati sull’isola con il finanziamento del Ministero dell’Ambiente, ma anche con le imprese private del territorio, sia in grado di armonizzare i consumi in funzione di quella che è la produzione energetica”. Insomma, l’obiettivo è “bilanciare” consumi e produzione, ovvero domanda ed offerta di energia per portare a zero il costo energetico e l’inquinamento ambientale.
“Il cuore del progetto tecnologico definito ‘Energia in rete’ – prosegue Pulcini – è un algoritmo, un software assolutamente unico che, collegato a degli apparati elettronici inseriti all’interno dei punti energivori, è in grado di monitorare i consumi, elaborare dati e prendere decisioni più intelligenti di quelle che prendiamo abitualmente noi esseri umani. Il che significa, ad esempio, creare una programmazione di accensione e spegnimento degli apparati che consumano energia (luci, elettrodomestici, condizionatori, e così via) non più influenzata dalle scelte e dalle disattenzioni umane, ma basata esclusivamente sulla copertura del bisogno. Questo sistema, inoltre, è in grado di controllare sia ciò che viene consumato sia ciò che viene prodotto a livello locale dal punto di vista energetico e, quindi, riesce a creare un equilibrio tra questi due aspetti.”
“Il consumo inutile di energia – spiega Pulcini – è purtroppo un classico nella pubblica amministrazione italiana, dove le luci sono sempre tutte accese anche in pieno giorno o gli impianti di condizionamento vengono lasciati impropriamente accesi all’interno di stanze vuote. Attraverso una dotazione di ‘intelligenza artificiale’, questi apparati potranno essere spenti in modo automatico quando non servono. Questa cosa può sembrare molto banale, perché potrebbe realizzarsi anche con dei sensori locali piuttosto semplici. Tuttavia per poter raggiungere in modo pervasivo un’intera comunità e, quindi, produrre degli effetti sensibili è necessario che questi apparati elettronici di controllo siano ampiamente diffusi. La differenza, in questo senso, la fanno il costo e la facilità di realizzazione e di installazione”.
E sono proprio queste le caratteristiche che fanno di “Energia in rete” un sistema facilmente replicabile anche in altre amministrazioni, come ci racconta Pulcini: “Noi abbiamo creato un’infrastruttura che si può allestire in poco tempo, economica, eppure in grado di fare tutto ciò che dovrebbe fare una rete intelligente di gestione dell’energia. Questo sistema permetterà di ottenere performance energetiche elevatissime, con una riduzione enorme dei costi ambientali perché ci sarà una riduzione non solo della CO2, ma di tutti gli inquinanti che provengono dalle fonti non rinnovabili utilizzate per produrre energia. E, non ultimo, si parla di risparmi economici per l’amministrazione che vanno dal 50 al 90 per cento. La tecnologia è riusabile, a basso costo e diventerà probabilmente una delle chiavi del risparmio energetico e dell’efficientamento per i comuni italiani nei prossimi 10 anni”.
Un’iniziativa di questo tipo porta quindi diversi vantaggi: migliore qualità della vita, risparmio energetico ed economico, ma anche opportunità per le imprese del territorio.
“L’impegno di spesa che un Comune deve sostenere per una buona programmazione energetica è veramente molto limitato – sottolinea Pulcini – si va dai mille euro per il piccolo comune, fino ai 15mila massimo per un grande comune delle dimensioni di Viterbo piuttosto che Roma, quindi è facilmente accessibile per qualunque amministrazione locale senza che questo comporti degli aggravi di costo alle strutture pubbliche”. “Inoltre – conclude Pulcini – anche il mercato ha un interesse a che questi processi avvengano e si moltiplichino perché un’amministrazione impreparata in materia di energia non è pronta ad affrontare un rapporto con il privato in termini di efficientamento e risparmio energetico. Introducendo questo tema all’interno delle amministrazioni creiamo due livelli di valore aggiunto: il primo per l’amministrazione medesima, il secondo per il mercato delle imprese private che si trovano a confronto con amministrazioni locali finalmente dotate del know how (minimo almeno) per poter capire le proposte che gli vengono formulate”.

da: Carloforte green


foto di Antonio Columbano